giovedì 25 settembre 2014

#sensomieiviaggi I Ponti dei miei Viaggi

Dopo aver saltato un appuntamento de "Il Senso dei Miei Viaggi" a causa del poco tempo al ritorno dalle ferie, eccomi di nuovo presente! Il tema di questo mese è stato proposto da Alessandra di Fiori e Vecchie Pezze e si intitola "I ponti dei miei viaggi", un tema che mi ha subito ispirato visto che ho sempre subito il fascino dei ponti, così sospesi nel vuoto, dall'aspetto a volte fragile a volte possente, dalla loro simbologia intrinseca di unione e collegamento, simbolo di "passaggio" o, nel caso dell'arcobaleno, simbolo di unione tra terra e cielo...e si potrebbe continuare all'infinito. 
E' stata dura selezionare le foto, ma alla fine ho scelto i tre ponti più rappresentativi di una sola Nazione, la Bosnia Erzegovina, perchè ricchi di storia sia passata che recente. 

Il Ponte Latino - Sarajevo - Il Ponte della Storia


Il Ponte Latino

Il Novecento è detto anche "Il secolo breve" perchè i primi 14 anni furono uno strascico della Belle Epoque, infatti il Novecento si fa idealmente iniziare con la Prima Guerra Mondiale e la Prima Guerra Mondiale ebbe come miccia l'attentato all'Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo per mano dell'anarchico Gavrilo Princip, inizialmente ricordato da una targa sul Ponte Latino come "Eroe" mentre ora come "Terrorista" in quanto Gavrilo ero serbo. Gavrilo sparò i colpi letali proprio dal Ponte Latino. 
Ora...se facciamo un riassunto molto semplicistico si può dire che il Novecento nasce e muore a Sarajevo. Dalla Prima Guerra Mondiale la Germania uscì praticamente annientata e questo pose le basi per il Nazionalismo, fornì terreno fertile a Hitler per il suo scellerato disegno nazista. Ed ecco quindi scoppiare la Seconda Guerra Mondiale che ebbe, tra le tante conseguenze, il consolidamento del Comunismo; tra il 1945 e il 1948  i partiti comunisti giunsero al potere in Jugoslavia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Albania, Polonia e nella Repubblica Democratica Tedesca. Viene eretto il Muro di Berlino...e il Novecento viene idealmente fatto finire proprio con la caduta del Muro, il 9 Novembre 1989. Dopo la caduta del Muro si ebbe come diretta conseguenza l'Autunno delle Nazioni, ovvero il rovesciamento di vari regimi comunisti...Polonia, Germania Est, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia,Romania e Albania...fino ad arrivare ai primi anni '90 quando anche la Jugoslavia si dissolse, pezzo per pezzo.
Il conflitto in Bosnia conclude idealmente il Novecento che qui muore, a Sarajevo, dove era cominciato, su quel ponte dall'architettura così insignificante, ma così pregno di Storia. 
Per molti storici, la guerra in Bosnia non è l'ultima del Novecento, ma la prima del Terzo Millennio. Paolo Rumiz scrive: 
"La guerra in Bosnia non era affatto l’ultima del Novecento. Era la prima del terzo millennio. Esprimeva già il potenziale distruttivo delle tempeste a venire. C’era in essa l’impotenza dell’Europa di fronte alle crisi che la riguardavano. C’era la debolezza dell’ONU e c’era già, tutta, la solitudine americana nel suo ruolo di poliziotto del mondo. Vedevi anche, con anticipo, l’inutilità delle guerre stellari e delle bombe intelligenti di fronte a conflitti rasoterra dove i clan conservavano il controllo del territorio e le popolazioni vantavano capitali di orgoglio e sopportazione capaci di sballare ogni nostra previsione strategica.”
La guerra in Bosnia, scatenata col pretesto di reprimere un fondamentalismo islamico che ancora non esisteva, lungi dal prevenire il terrorismo, lo svegliava dal suo torpore, lo richiamava in vita.
“Rinunciare alla coesistenza a Sarajevo significa semplicemente non credere nell’Europa.  Preferire i muri ai ponti in un continente che è un ponte di per sé, una straordinaria Terra di Mezzo".

Quindi potete immaginare l'emozione provata quando sono tornata a Sarajevo quest'anno dopo 5 anni dall'ultima volta. Proprio quest'anno, anno in cui ricorre il primo centenario dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Mentre guardavo la Miljacka scorrere sotto il Ponte Latino ho visto scorrere tutta la Storia del Novecento sotto di me.


Ponte Mehmed Paša Sokolović - Višegrad - Un ponte da Premio Nobel

Il ponte sulla Drina
A Visegrad ci si arriva in un'oretta di macchina da Sarajevo. Sarà che durante il tragitto leggo ad alta voce "Il Ponte Sulla Drina" del premio Nobel Ivo Andric, sarà che proprio mentre stiamo per arrivare, nel libro viene descritta minuziosamente la scena in cui un uomo viene impalato ed esposto sul ponte, sarà che proprio Visegrad è stata teatro di uno dei primi scenari di pulizia etnica e genocidio perpetrati dai cetnici sui musulmani che abitano quella zona, sarà che qualche giorno prima avevo letto un articolo proprio sulla Drina quale scenario di guerra negli anni '90 tanto che si narra che a volte il fiume perdeva la sua sfumatura verde smeraldo per diventare rosso sangue, sarà un insieme di tutti questi motivi, ma quando arrivo sul Ponte mi colgono un'inquietudine e un senso di nausea pazzesca. Mi gira la testa. Non mi sento a mio agio. Sembra che le persone del posto ci guardino un po' storto, non c'è una bella atmosfera e a parte il ponte, che è veramente una costruzione di inestimabile valore, Patrimonio Unesco e con una storia molto interessante, il resto della cittadina è veramente degradato. Anche il minimarket, dove entriamo per comprare dei panini, ha un'atmosfera tetra e cupa.
Dal canto suo la bellezza del ponte è quasi fuori luogo in quel posto angosciante e ancora troppo rimbombante di grida di terrore e morte. 
Il ponte fu costruito nel periodo in cui la Bosnia era occupata dagli Ottomani, la costruzione durò parecchi anni e fu terminata nel 1571. Ai tempi veniva applicata dagli Ottomani la pratica del "Devscirme"(dal turco "devşirmek", "raccogliere") , pratica che veniva applicata ai cittadini di religione diversa dall'Islam, quindi nel caso specifico ai Serbi Ortodossi. In sostanza si trattava di un tributo di sangue: i contadini serbi dovevano cedere i proprio figli all'Impero, essi venivano allontanati da casa ancora bambini e cresciuti ed istruiti come "Giannizzeri", l'ordine militare d'élite dell'esercito ottomano. Molti contadini serbi con il tempo iniziarono a vedere questa pratica come un'opportunità per i loro figli di crescere con un'istruzione e con un futuro più roseo nella capitale, con la speranza che non si dimenticassero delle loro famiglie e potessero magari, occupando posizioni di potere, fare qualcosa di positivo in favore della loro terra d'origine. Tra i tanti bambini portati via da Visegrad, ce ne fu uno che spiccò per intelligenza e capacità tanto da entrare nelle grazie del Sultano Solimano il Magnifico e di suo figlio Selim che gli concesse in sposa la figlia Ismihan. Il ragazzo prese il nome di "Mehmet" e, non avendo dimenticato nè la sua città d'origine nè il faticoso viaggio in cui dovette attraversare la Drina in piena quando ancora non esisteva un ponte, commissionò, oltre che opere religiose e commerciali, la costruzione del ponte di VIsegrad.
Come spiega anche Andric nel suo capolavoro letterario, per costruire il ponte si lavorò per anni giorno e notte e il risultato fu questa magnificenza architettonica della lunghezza totale di 179 metri poggiata su 11 arcate e con una carreggiata di 4 metri. Dall'inizio della sua costruzione il Ponte divenne parte integrante della vita cittadina e simbolo di unione tra due mondi e tra due religioni, ma nel corso dei secolo anche triste testimone di persecuzioni perpetrate prima dagli ottomani sui serbi ortodossi e poi , durante il più recente conflitto degli anni Novanta, dai cetnici sui bosgnacchi, tanto che il ponte fu spesso usato come vetrina, sia nell'epoca ottomana che in quella più recente, di teste mozzate e impalate. Forse l'aria e la terra sono ancora troppo pregni di quell'orrore, forse è per questo che mi sembrava di respirare un'aria malsana. Forse quando i lavori di restauro e recupero dell'intera cittadina saranno finiti (per ora ho visto solo i pannelli con il disegno del progetto) si potrà cercare di voltare pagina...ma forse ora è ancora troppo presto.

Lo "Stari Most", il ponte vecchio di Mostar, il ponte per antonomasia

veduta dello Stari Most dalla cima di un minareto

Cambiando totalmente atmosfera, eccoci nella sassosa e mediterranea Erzegovina. A Mostar il vento profuma già di mare e salsedine e la Bosnia sembra trovarsi a una distanza siderale, se non fosse che anche qui troviamo gli stessi echi d''oriente, come i minareti o lo Stari Most, il Ponte Vecchio, simbolo della città. 
Quando tornai a Mostar la prima volta dopo la guerra, appena vidi il ponte sentii salire le lacrime agli occhi perchè io su quel ponte c'ero già stata nel lontano 1989, avevo 8 anni, ma mi era rimasto impresso nella mente.
Tornata a casa da quella vacanza avevo dovuto finire i compiti delle vacanze e tra i tanti c'era un tema: dovevamo descrivere un posto visitato in vacanza. Io avevo fatto molto di più. Complice quel fuoco che fin da piccolissima mi aveva sempre accompagnata, quella voglia di scoprire e viaggiare (tanto che anche quando avevo solo 6 anni mi ero inventata un catalogo di viaggi usando un quaderno a quadretti e dei ritagli di riviste), avevo preso tutti i depliant informativi su Mostar, ritagliato le varie foto, mi ero documentata sulla sua storia e infine avevo redatto una sorta di mini guida turistica della città, tanto che la maestra era rimasta entusiasta e aveva voluto elogiarmi davanti a tutta la classe.
4 anni dopo quel viaggio, mia mamma, seduta sul divano di casa, mi chiamò urlando per mostrarmi in tv i bombardamenti e la distruzione del Ponte. Lo ricordo come se fosse ieri. Mi disse “Chiara, ricordati questo giorno, perchè abbiamo visto un pezzo di storia che ora non c'è più”
Eravamo tutti tristi.
Il ponte infatti, considerato simbolo di unione tra il quartiere Croato-Cattolico e il quartiere Ottomano-Mussulmano, fu distrutto dai Croati. All'inizio del conflitto i croati-cattolici e i mussulmani si allearono contro i serbi che circondavano la città, ma in un secondo momento, i primi, allettati dalla possibilità di annettere l'Erzegovina alla ricca Croazia, si misero a fare la guerra ai loro “fratelli” musulmani e la distruzione del ponte fu puramente un atto simbolico senza alcun valore strategico. E così, quell'elegante arco di pietra chiara che per 500 anni aveva visto la sua superficie colorarsi di argento al chiarore della luna, quel ponte che aveva visto scorrere la Neretva color smeraldo proprio sotto i suoi piedi e centinaia di ragazzi tuffarsi nelle sue acque, in pochi minuti venne distrutto dalle bombe e crollò in acqua, portandosi dietro mezzo secolo di storia.
Nel 2004, grazie anche a un finanziamento italiano, fu ricostruito tale e quale. Alcune pietre, poche a dir la verità, furono raccolte dal fiume e riutilizzate. Per le altre invece si cercò di studiare com'erano state tagliate, si ricavarono dalla stessa cava da cui furono estratte 500 anni prima, e si tagliarono rigorosamente a mano in modo da essere il più simile possibile all'originale.
Il ponte è tornato bello come prima, ma due pietre, una da un lato e una dall'altro, invitano a non dimenticare quello che è stato. “Don't Forget 1993” .

12 commenti:

  1. Bellissime le foto e commovente ed interessantissimo il post! Ciao

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  2. Non ho parole, solo lacrime agli occhi!

    PS: e ancora una volta rifletto su come il concetto di eroe o terrorista dipenda sempre da quale parte della barricata viene emessa la sentenza ...

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    1. grazie Monica per essere passata, come sempre mi fa piacere!

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  3. Tutti ponti molto belli e ricchi di storia, se devo dare una preferenza mi piace molto la foto numero 3!

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  4. Mi hanno colpita e commossa i tuoi ponti, ricchi di storia e di dolore, un dolore ancora troppo recente che non può essere stemperato dalla bellezza del luogo, un dolore ancora vivo che non può non colpirti come una frustata recandoti disagio, un'altra delle tante guerre fratricide dietro le porte di casa ...
    Non saprei quale scegliere, forse Mostar, è davvero spettacolare.
    Ciao
    Norma

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  5. Il bello di quest'iniziativa è che ho modo di scoprire ogni volta un angolo di mondo che diversamente non prenderei in considerazione o almeno non nel breve termine.

    Toccante il tuo post e i tuoi scatti sono davvero affascinanti, dovendone scegliere uno solo faccio veramente fatica.. Si può votare a pari merito lo scatto 2 e 3??

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  6. le tue immagini e le storie con cui le hai accompagnate...un post molto prezioso
    grazie!

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  7. Che bella idea, mi piace come tema!! Comunque mi sono ricordata di un post che avevi scritto tempo fa parlando proprio del ponte n.3 o sbaglio??? Lo ricordo perché ammetto una certa ignoranza sulla storia di quella parte del mondo. Me ne vergogno e le informazioni che mi arricchiscono mi colpiscono anche molto. Per esempio non ho mai valutato l'idea di partire in una vacanza in quelle zone ma tu mi hai messo tanta curiosità. Per quanto riguarda gli sguardi diffidenti e il malessere che hai sentito con il ponte n.2, io ho avvertito la stessa sensazione in certe zone e località della Croazia. Anzi, in alcuni ristoranti ci è stato detto che gli italiani non erano molto graditi, spiegandomi che la storia recente aveva insegnato loro a diffidare della nostra gente. Mio marito invece, che in epoca non sospetta in cui non ci conoscevamo, ha fatto un giro in Croazia tutto diverso dal mio, ha trovato più solarità e accoglienza...chissà...

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